Il momento in cui i figli svolgono i compiti è generalmente vissuto in modo sereno, e con sentimenti di entusiasmo e grande soddisfazione quando questi vengono portati a termine. Può accadere, però, che questo momento venga vissuto come una vera e propria tragedia: si rimanda all’infinito fino all’evitamento, ci si rifiuta, ci si agita e si perde il controllo.
Il rifiuto di studiare o fare i compiti può nascere da un disagio che può essere di vario genere. Essenzialmente potrebbero essere due i motivi che ostacolano la voglia di studiare: un motivo che prescinde dall’attività scolastica in sé oppure una reale difficoltà nello svolgere i compiti.
Della prima categoria fanno parte i disagi emotivi, motivazionali o relazionali. Della seconda categoria fanno parte le difficoltà di apprendimento o attentive, ossia difficoltà che riguardano gli apprendimenti scolastici di lettura, scrittura e calcolo o abilità attentive e di autoregolazione.
Per poter risolvere il problema bisogna prima capire il motivo per cui il bambino non ha voglia di fare i compiti: se dipende da un suo sentimento di bassa autostima, se c’è un disagio relazionale che può riguardare il rapporto con i suoi compagni o la sua famiglia, se si sente incapace nel momento in cui si approccia a fare i compiti perché la richiesta del compito supera le sue capacità cognitive. Insomma bisogna prima arrivare al nocciolo del problema per poterlo aiutare. Ma come fare?
Innanzitutto bisogna stimolare il dialogo quanto più possibile per far sì che il bambino dica apertamente cosa lo turba ma se siamo in presenza di un bambino particolarmente taciturno e introverso bisogna cercare di cogliere quanti più segnali possibili: osservarlo nella sua quotidianità e mentre fa compiti, mentre si relaziona con i suoi pari e con le figure di accudimento.
Di seguito vedremo come riconoscere se il rifiuto di studiare è associato a difficoltà scolastiche o a motivi che non c’entrano nulla con esse.
Difficoltà di apprendimento
Distrarsi mentre si svolgono i compiti e perdersi nei propri pensieri, impiegare un tempo eccesivo per studiare o commettere un discreto numero di errori sono tutti segnali che ci fanno capire che vi è una difficoltà scolastica che riguarda gli apprendimenti. In questo caso può essere utile rivolgersi agli insegnanti i quali rappresentano una grande risorsa dal momento che la scuola è il luogo principale in cui il bambino manifesta le proprie difficoltà. Indagare su come il bambino affronta le attività scolastiche e se vi è una lentezza eccessiva o una tendenza nel commettere errori di lettura, ortografia o di calcolo in maniera maggiore rispetto ai suoi coetanei. Il confronto con l’insegnante può indirizzare il genitore ad un eventuale approfondimento con gli specialisti del settore.
Tuttavia può accadere che le difficoltà scolastiche siano causate da problemi legati alla vista o all’udito e pertanto prima di fare un approfondimento diagnostico degli apprendimenti scolastici sarebbe opportuno approfondire l’aspetto sensoriale. Bisogna, dunque, verificare, tramite visita specialistica, che non ci siano difficoltà a livello sensoriale, ossia verificare che gli occhi seguano correttamente gli stimoli visivi e che le orecchie seguano correttamente gli stimoli uditivi. La visita dovrebbe, inoltre, verificare la motricità del bambino, sia a livello manuale che corporeo. Una volta esclusa la presenza di deficit sensoriali si può procedere alla valutazione degli apprendimenti che implica, come primo step, la valutazione dell’intelligenza per escludere la presenza di ritardo mentale e, successivamente, si procede alla valutazione degli apprendimenti.
Disagio relazionale
Il disagio relazionale può nascere da un mancato o critico rapporto con i compagni di classe o membri della famiglia. Questo può generare malcontento nel bambino il quale fa fatica a concentrarsi per svolgere i compiti. Potrebbe accadere che il bambino, mosso dall’angoscia della scarsa relazione, possa trovare difficoltà a fare i compiti dal momento che si tratta di attività che richiedono un certa attenzione e concentrazione. Cosa fare in questi casi? Innanzitutto cercare di capire se il distacco dai pari è legato a qualcosa che lo turba interiormente (non si piace, non si sente all’altezza, non riesce a relazionarsi perché troppo timido ecc..) oppure dallo scarso coinvolgimento da parte dei compagni che per un motivo x tendono ad isolarlo. In secondo luogo bisogna indagare se vi sono difficoltà di socializzazione in classe e capire in che stato sono i rapporti con i compagni di classe: anche in questo caso, le insegnanti possono darci molte informazioni a riguardo.
Disagio motivazionale
Relativamente al disagio motivazionale, esso si presenta quando il bambino non ha voglia di studiare perché non è abbastanza motivato e di conseguenza non ha interesse in ciò che studia. In questi casi bisogna rendere interessante gli argomenti con inventiva e creatività, magari utilizzando un metodo di studio ad hoc per il bambino che sia in grado di coinvolgerlo maggiormente rispetto a quello di attuale utilizzo. Tuttavia, oltre a rendere più stimolante i processi esterni bisognerebbe dare importanza anche a quelli interni. Un alunno motivato è un alunno cosciente del proprio valore, delle proprie abilità e competenze; con ciò voglio dire che tanto più il senso di autoefficacia è alto tanto più la motivazione aumenta poiché il bambino si sente gratificato. Di contro, lo studente che vive continuamente situazioni di frustrazioni nello studio presenta scarsa autostima e precario senso di autoefficacia scolastica con conseguente rinuncia e insoddisfazione. La percezione di essere riusciti a superare un compito aumenta il desiderio di impegnarsi sempre di più e rivivere questi momenti gratificanti.
Disagio emotivo
In generale quando una persona ha una sofferenza interna inevitabilmente si ripercuote all’esterno: si ha meno voglia di lavorare, si tende a chiudersi in se stessi, ci si sente apatici; questo vale anche per i bambini. Il bambino può attraversare varie situazioni emotivamente critiche che si ripercuotono sulla sua quotidianità e il suo dovere di alunno. Umore basso, diminuzione della solarità, inerzia o irrequietezza sono tutti segnali che ci permettono di capire che c’è un disagio emotivo. Anche in questo caso il consiglio è quello di aumentare la comunicazione con vostro figlio in modo tale che lui si senta compreso e i suoi pensieri si sentano accolti.
Bisogna sottolineare come il disagio emotivo molto spesso è la conseguenza e non la causa. Sentirsi incapaci, frustrati e non all’altezza del compito non fa altro che incentivare l’idea di non essere abbastanza capace con conseguente abbassamento dell’autostima e aumento della frustrazione. Ne consegue che un tempestivo e precoce approfondimento delle difficoltà non solo è di aiuto nelle attività scolastiche ma indirettamente va a colmare tutte quelle che sono le paturnie emotive.
Concludendo bisogna, dunque, fare una netta distinzione tra bambini che manifestano difficoltà scolastiche dovute a concrete difficoltà nei processi di lettura, scrittura e calcolo e coloro che, invece, presentano un malessere interno che inevitabilmente si ripercuote negativamente in ambito scolastico. Il risultato è il medesimo: insuccesso scolastico, rifiuto di studiare, fare i compiti o di andare a scuola; ma alla base c’è una diversa motivazione ed è proprio lì che bisogna agire. Pertanto, appare necessario una corretta individuazione del problema per poter trovare il rimedio più adeguato per il bambino.
Dott.ssa Angela Ficicchia
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